I rischi per la salute. L’urgenza di fare prevenzione
E’ un problema di tutti noi. Nessuno escluso. L’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e il cibo che mangiamo generano pesanti fattori di rischio per la salute. Le ricerche ci dicono che non siamo più davanti a situazioni circoscritte. E questa tendenza mette a rischio le generazioni future.
«Obesità, diabete in età giovanile, tumori, malattie di tipo allergico e autoimmune, assieme alle malattie neurodegenerative, stanno dilagando», dice il professor Ernesto Burgio, pediatra che da anni si occupa di sviluppo sostenibile, bioetica e nuove biotecnologie genetiche. «Non dobbiamo più concepire l’inquinamento come qualcosa che colpisce solo alcuni, magari per motivi occupazionali. Quelle casistiche certo rimangono, ma occorre considerare l’inquinamento come un fatto generale, che colpisce soprattutto i bambini, il feto, le generazioni future che sono sempre più esposte, e che in prospettiva subiranno le conseguenze peggiori».
«Per milioni di anni -aggiunge il professor Burgio- abbiamo respirato ossigeno, azoto, anidride carbonica, idrogeno e poco altro. Oggi, insieme a tutto il resto, respiriamo benzene, idrocarburi poliaromatici, particolato ultrafine, metalli pesanti. In pochissimi anni abbiamo cambiato la composizione molecolare dell’aria, dell’acqua, dei cibi. Il tutto sta creando una sorta di stress molecolare all’epigenoma, quello che noi oggi possiamo considerare come il ‘software’ del DNA».
Di questi temi il professor Burgio parlerà durante il Convegno Nazionale di Epigenetica che si terrà a Urbino il 5 e 6 ottobre prossimi. Si tratta di argomenti di grande attualità, e l’appuntamento, alla quinta edizione, è ormai un punto di riferimento su scala nazionale. Per capire di che cosa si occupa l’epigenetica, immaginiamo che il DNA sia la struttura di un computer e l’epigenoma il ‘programma’ che fa funzionare il computer. L’epigenoma è estremamente complesso, si esprime attraverso delle variazioni continue di alcune marcature del DNA e delle altre proteine che ruotano attorno al DNA. Le informazioni ambientali non agiscono direttamente sul DNA, sul genoma, ma sull’epigenoma.
«Fin dal primo anno del convegno di Urbino -aggiunge Burgio- abbiamo spiegato come l’epigenetica non sia una parte della genetica, ma una vera e propria nuova scienza. Una disciplina che cerca di far capire come, sia fisiologicamente che patologicamente, il nostro organismo cambia continuamente il suo fenotipo, la sua apparenza, sulla base delle informazioni che riceve. Per cui, se il feto riceve informazioni corrette, allora si sviluppa in maniera sana. Se invece gli arrivano informazioni poco corrette, il feto, in seguito il bambino, e in generale gli organismi anche adulti, ricevono una serie di input a svilupparsi in maniera non corretta. Alla luce di queste conoscenze, le malattie devono essere viste come il prodotto di un tentativo di difesa da parte dell’organismo umano. Più arrivano informazioni pericolose, più l’organismo, alla ricerca di una difesa e del modo di adattarsi, mette in campo questo software, cioè l’epigenoma, che in ultima analisi diventa instabile e può procurare dei cambiamenti fenotipici pericolosi. L’approccio epigenetico cambia quindi la percezione del concetto di malattia, un tempo vista solo come un incidente di percorso, dovuto a cause esogene, come possono essere virus, batteri, oppure a cause endogene, cioè a una genetica sfavorevole».
Quindi, i fattori ambientali dannosi sono la nuova emergenza dell’età contemporanea?
«Obesità, diabete in età giovanile, tumori, le malattie di tipo allergico e autoimmune, i disturbi del neuro-sviluppo e le malattie neuro-degenerative che stanno dilagando -afferma il prof. Burgio- non sono causati dalla genetica. Quello che vediamo negli USA, dove 1 bambino su 59 è affetto da disturbi di spettro autistico, quando trenta anni fa eravamo a 1 su 2.000, è molto allarmante. Bisogna ragionare su che cosa fare. Bisogna impostare una strategia di prevenzione primaria e di informazione corretta».
Lei parla spesso anche del problema dell’abuso degli smartphone fra i giovanissimi e dell’abuso degli antibiotici.
Gli smartphone nelle mani dei ragazzini stanno diventando un’arma molto pericolosa. Alcuni passano più tempo con telefono che senza. A quindici – sedici anni, nel periodo di massimo plasticità del cervello, essere esposti a questi strumenti per quindici ore al giorno funziona come una droga. Induce dipendenza da dopamina. Non è giusto vietarne l’uso, ma sarebbe meglio regolamentare. Stessa cosa con gli antibiotici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dice che fra cinque – dieci anni questi farmaci non serviranno più, perché i batteri stanno diventando resistenti. Occorre evitare che gli antibiotici siano usati negli allevamenti per fare crescere gli animali, e non per curarli, altrimenti, come accade, li ritroviamo nella catena alimentare. Dobbiamo agire positivamente sulle politiche sanitarie. Molti medici -conclude il dottor Burgio- stanno sottovalutando la situazione».
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Il prof. Burgio, medico membro della commissione scientifica ECERI - European Cancer and Environment Research Institute di Bruxelles, approfondirà questi temi all'interno del 5° Convegno Nazionale di Epienetica che si terrà ad Urbino il 5 e 6 ottobre 2019.
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